Occhialeria, i produttori chiedono una maggiore tutela del marchio Made in Italy
Difendere il marchio «Made in Italy» e contemporaneamente chiedere alle aziende maggiori una boccata di ossigeno, sotto forma di commesse. I piccoli produttori dell'occhialeria veneta boccheggiano, ed è per questo che ieri, a margine dell'assemblea degli industriali bellunesi, hanno chiamato i parlamentari della provincia per chiedere cosa fare per uscire dalla crisi. Che è profonda, forse irreversibile.
Così ieri Maurizio Paniz e Walter De Rigo (Forza Italia) e Maurizio Fistarol (Margherita) hanno ascoltato a lungo industriali e artigiani per cercare una ricetta che consenta di evitare il tracollo. In realtà, l'incontro ha evidenziato come nessuno abbia idea di come uscirne. Certo non con finanziamenti pubblici, anche occulti: a parte il fatto che il bilancio statale non lo consente, verrebbero anche bocciati dalle leggi sulla concorrenza dell'Unione.
Alla fine non è emerso nulla di diverso che fosse l'inclusione anche del settore occhialeria nei quattro progetti di legge che giacciono in Parlamento a tutela del marchio Made in Italy. Un simbolo che evidentemente sul mercato ha ancora valore, ma che difficilmente da solo sarà in grado, in attesa della ripresa che non arriva mai, di salvare il comparto.
«In fondo - ha spiegato alla fine dell'incontro il senatore Walter De Rigo, che tra l'altro è contitolare con il fratello dell'omonimo gruppo di Longarone, terzo grande produttore mondiale dell'occhiale - sta accadendo quanto abbiamo fatto noi 50 anni fa con tedeschi, francesi e americani: avevamo una moneta debole e producevamo a prezzi inferiori. Ora invece siamo noi ad essere costretti ad andare in Estremo Oriente. Certo che è inutile sperare in finanziamenti governativi o cose del genere. Meglio invece monitorare le aziende che possono avere delle prospettive e quelle invece tagliate fuori. E per queste ultime pensare a delle agevolazioni alla riconversione. Lo so che è un discorso difficile, ma non vedo alternative. Intanto, però, noi cercheremo una maggiore tutela del marchio "Made in Italy", oltre a un coinvolgimento dei grandi produttori».
Un po' più ottimista Maurizio Paniz: «È una situazione difficile - ammette - che impone delle riflessioni, anche se però ci sono degli aspetti positivi. Soldi, evidentemente, non è possibile stanziarli: a quel punto dovremo darli a tutti e comunque ci bloccherebbe l'Unione Europea. Per quel che mi riguarda, proprio pochi giorni fa ho presentato al ministro Pisanu un'interpellanza per chiedere maggiori controlli sul traffico di occhiali contraffatti. È su questo fronte che noi potremo fare qualcosa».
«Beh, almeno è stato avviato un dialogo - commenta Maurizio Fistarol - cosa che finora non era stata fatta. Certo, era difficile pensare che qualcuno avesse la ricetta pronta, e la gravità della situazione rende ancora più arduo il trovare una via d'uscita. Quello che possiamo fare noi, intanto, è verificare che anche l'occhialeria venga inserita nei 4 progetti di legge a tutela del marchio Made in Italy che giacciono in Parlamento. Poi, fra qualche tempo, ritrovarci per vedere cosa è stato fatto e cosa resta da fare».
Anche Renato Sopracolle, presidente Sipao, l'associazione bellunese che raggruppa i produttori dell'occhialeria da tempo denuncia le difficoltà del settore, stritolato da una micidiale miscela fatta di euro forte, crisi dei consumi e concorrenza orientale, cinese in primis.
Il presidente Celeste Bortoluzzi, nella sua relazione all'assemblea degli industriali bellunesi, non ha calcato i toni, facendo solo rapidi accenni alle difficoltà dell'occhialeria, vera spina dorsale dell'industria bellunese.
«Negli ultimi mesi la situazione si è fatta ancora più pesante - continua Sopracolle -. Stiamo aspettando continuamente questa benedetta ripresa che non arriva mai. Continuiamo a rinviarla di sei mesi in sei mesi, e intanto le cose peggiorano».
«I dati complessivi non sono poi così male - continua il presidente della Sipao -. Nei primi tre mesi di quest'anno il fatturato dell'occhialeria bellunese è addirittura cresciuto del 2,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Ma, all'interno di questa cifra, esistono due realtà completamente differenti: quella dei grandi produttori e quella dei piccoli. I primi in continua crescita, i secondi in crisi profonda».
Sono decine e decine le aziende che anche solo nell'ultimo anno hanno chiuso, ma anche questa cifra dice poco sulla gravità reale della situazione. Perché, secondo Sopracolle, è a rischio la stessa esistenza del distretto dell'occhiale.«Il vero pericolo - avverte - è che la crisi spazzi via la gran parte di aziende piccole e medie, ad un punto tale che non si possa più parlare di distretto industriale vero e proprio, ma solo di grandi produttori. In quel momento il settore non sarà più uno dei pilastri dell'economia provinciale, e perderà definitivamente importanza. Io mi auguro davvero che il distretto recuperi quella dinamicità e flessibilità che lo hanno reso vincente in passato. Ma guardi che il tempo per reagire è ridottissimo. Da quel che sento dai miei associati, sono in grado di resistere ancora poco: certamente non anni, ma mesi».
(Fonte: Il Gazzettino)