Ecco perché i guardalinee, a volte, sbagliano
Le decisioni arbitrali delle ultime partite internazionali devono aver fatto arrabbiare molte persone se addirittura le riviste scientifiche Nature, New Scientist e Lancet si sono scomodate per decifrare gli errori dei guardalinee. E secondo queste fonti autorevoli sembra che la colpa sia da ricercare nel nostro sistema visivo.
La visione chiara di un oggetto, infatti, si ha solo quando quest'ultimo cade nella fovea, la piccola depressione centrale della retina su cui si forma in maniera netta l'immagine. Qualsiasi situazione noi osserviamo, abbiamo un'immagine nitida solo di su un numero ristretto di oggetti che la compongono. Quando spostiamo la nostra attenzione su un nuovo particolare, sempre all'interno della stessa scena, la nuova immagine non arriva immediatamente alla zona caratterizzata dalla maggiore risoluzione spaziale. Gli occhi devono infatti compiere movimenti particolari per portare e mantenere stabile sulla zona ad alta risoluzione visiva la figura dell'oggetto di interesse.
Il processo, chiamato 'saddic eye movement' avviene a velocità elevate e in questo passaggio la visione è soppressa. In questo lasso temporale, quindi, il giudizio del 'fuori gioco' è compromesso dato che si ha una percezione erronea della posizione dei giocatori nel momento in cui viene lanciata la palla e ha inizio l'azione. Pur controllando simultaneamente difensore e attaccante, infatti, nella fovea del guardialinee si trova soltanto il difensore mentre l'avversario occupa la parte laterale della retina. Nel momento in cui l'attaccante lancia la palla ad un altro giocatore della squadra, il guardalinee compie movimenti oculari necessari a fissare sulla fovea l'ultimo difensore e valuta la posizione dell'attaccante che sta per ricevere la palla. E' proprio durante questo percorso dell'immagine che si determina quel buco temporale alla base dell'errore.
(Fonte: Giornale di Brescia)
