Corriere Economia, Armani parla del suo futuro
In un'intervista rilasciata al Corriere Economia in edicola oggi, Giorgio Armani parla del suo futuro, di quello che vorrebbe fare dopo aver lasciato il mondo della moda: "Vorrei riuscire ad applicare il mio senso pratico non alla moda. Occuparmi del sociale, della gente che cerca riferimenti. Dei giovani, soprattutto. La politica non è per me, vorrei occuparmi del sociale a diversi livelli. E poi, vorrei sistemare Milano, una città che tutti amiamo ma non favoriamo".
Il momento di lasciare, però, non sembra essere dietro l'angolo: "Non riesco a vedere questo mestiere con la distanza dovuta", ha detto Armani, "altrimenti sarei in giro per conferenze stampa, riunioni di industriali del settore. Invece sono qui, mi occupo di vestiti, di negozi. La Giorgio Armani è un'azienda legata alla mia presenza, per il momento non voglio mollare".
Nel corso dell'intervista inoltre, lo stilista milanese è tornato sulla rottura con Luxottica, la società di cui rimarrà azionista nonostante la produzione delle collezioni eyewear Giorgio ed Emporio Armani siano passate a Safilo: "Avevamo portato Emporio e Giorgio Armani nella struttura di Luxottica. Che crescendo, ha acquisito altre griffe e deve aver pensato: Armani ormai è collocato in quella posizione, mi occupo di sviluppare gli altri. Ed eravamo distribuiti in troppi punti vendita, senza differenze tra Emporio e Giorgio Armani".
'Non ho parlato con Del Vecchio della mia partecipazione azionaria", ha continuato Armani che, su precisa domanda del giornalista, ha definito come probabile un suo ingresso in Safilo come azionista. "Così come non abbiamo parlato della mia uscita dal consiglio di amministrazione. Credo che in questo fatto ci sia una componente emotiva, Luxottica, il più grande occhialaio al mondo, deve aver pensato che mi sarei accontentato di condizioni diverse da quelle contrattuali, come quella di avere l'ultima parola sulle collezioni: ma non è mai successo che io abbia accettato di lasciare campo ad altri su collezioni firmate da me".
(Fonte: Corriere Economia)


