Corriere dell Alpi, Renato Sopracolle: "Il distretto si adegui alla nuova realtà"
Le grandi occhialerie sorde alla crisi dei piccoli produttori? «Non ci si poteva aspettare altro ma il loro atteggiamento è dettato da leggi economiche». Renato Sopracolle, responsabile di distretto (oltre che vicepresidente Anfao), non ritiene di essere seduto su una sedia che scricchiola: il distretto per i grandi è morto, accusava ieri Walter Capraro dall'Unione artigiani, ma per Sopracolle non è così. «Piuttosto è la politica che deve prendere iniziative e sviluppare indirizzi», dice. Tradotto: De Rigo è tempo che alle parole faccia seguire fatti, cioè misure economiche.
Anche Renato Sopracolle ha partecipato al faccia a faccia di Pieve di Cadore tra associazioni di categoria e vertici dei 4 o 5 colossi.«Era stato convocato per capire il punto di vista delle grandi aziende rispetto alla crisi che si sta attraversando», spiega Sopracolle. «La risposta? Me l'attendevo. In questo momento la crisi tocca grandi e piccoli e chiaramente tutti agiscono secondo dei principi economici: la prima cosa, quando c'è contrazione di ordini è ridurre il lavoro dato all'esterno. E quando i colossi lo fanno si sente ma si comportano così anche quelle aziende più piccole che danno lavoro all'esterno».
Secondo l'Unione artigiani questo è invece il segnale che ai grandi gruppi il distretto non interessa.«Non potevamo aspettarci qualcosa di più e non è corretto dire questo, dire che a loro non interessa il distretto: non possono far nulla di più perchè la situazione non è legata a loro scelte. Certo, in questo senso pesa anche la scelta di produrre in estremo Oriente ma è un po' che dico che il distretto si deve adeguare e ridimensionare alla realtà di questi tempi. Se la nostra clientela tende ad acquistare in medio Oriente, o ci dotiamo di un altro prodotto o ci serviamo di servizi diversi».
Piuttosto, Sopracolle invita a «interventi» politici, indirizzi, cioè misure di sostegno dell'imprenditoria, che facilitino anche altri processi.«Quel che dice De Rigo è vero ma credo che ci si debba attendere qualcosa di più propositivo: se si dovesse entrare in una crisi strutturale pesante penso che spetti ai politici fare in modo che l'imprenditoria prenda sviluppi diversi. Ci servono quindi gli indirizzi giusti».
Che vuol dire fondi (più che parole) perchè le imprese che rischiano il tracollo magari trovino altri spazi.Anche il made in Italy è nel mirino degli artigiani.«Come Anfao cerchiamo di modificare le regole del made in italy: a livello comunitario perchè oggi non è più pensabile immaginare regole solo italiane. Vanno modificati i principi che definiscono l'origine del prodotto: stiamo impostando regole precise che definiscano come il prodotto realizzato in parte nell'estremo Oriente possa essere definito cinese o italiano a seconda della produzione della sua componentistica».
Ma l'attacco dell'Unione artigiani ha suscitato reazioni anche nel sindacato. Giuseppe Colferai, segretario Filtea Cgil, imputa la crisi attuale ai mancati investimenti dei periodi d'oro da parte dei piccoli. «E' il concetto di distretto che si sta modificando», dice il sindacalista, «anche perchè qui è nato in modo diverso rispetto ad altri: qui c'erano prima le piccole e poi sono venute le grandi aziende. Piccoli che, credo, non abbiano saputo e non sono stati capaci di consorziarsi, di dividere i corsi e rischi su ricerca, innovazione e sviluppo. Negli anni buoni, quando hanno fatto un po' di profitto non sono stati capaci di guardare più in là, a cosa accadeva nel mercato globale, e oggi ne pagano il conto. Dall'altra, con una crisi strutturale il rischio è di disperdere un patrimonio professionale molto importante».
Il distretto dell'occhiale s'è già modificato nel 1995, dice Colferai, quella odierna è un'ulteriore selezione del mercato.«Le imprese leader hanno continuato e continuano a crescere e a trainare il settore, aumentando le proprie quote di mercato grazie alla intensificazione e internazionalizzazione degli investimenti e a una forte distribuzione. Le altre, quasi tutte di medie dimensioni e piccole non sono più in grado di far fronte a una competizione di mercato in cui creatività e fantasia risultano fattori competitivi ormai insufficienti se non supportati da risorse e competenze adeguate. Pretendere il lavoro dalle grandi è un palliativo. Il distretto sta morendo? Luxottica, per prenderne una di queste grandi aziende, fa distretto a sè: allora bisogna sapere stare sul mercato e rinnovarsi. Il made in Italy? Nel 2006, con la Cina che entrerà nei mercati internazionali la concorrenza sarà ancora più forte».
«Il distretto è in crisi strutturale per strategie mancate negli anni passati. Come se ne esce? Facendo innovazione, occupando nicchie di mercato, ma se la competizione viene fatta solo sui costi, è persa. Fare i semplici terzisti oggi non basta più: non ci si sta coi costi. Oggi le grandi imprese commissionano pezzi di produzione intera, non viti e stanghette: hanno selezionato anche le forniture alle imprese terziste e il salto di qualità va fatto. Ma questi segnali c'erano già nel 1995: da allora ritengo si sia perso un po' di tempo sperando che le cose andassero sempre così. Oggi invece il conto rischia di essere salato».
(Fonte: Corriere delle Alpi)


