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Walter De Rigo:

Walter De Rigo: "La crisi dell'occhiale è senza ritorno"

Anche per un ottimista come il senatore Walter De Rigo il distretto dell'occhialeria bellunese è destinato a perdere la partita con i concorrenti del far east, giocata secondo le regole del libero mercato. Lui che a questa crisi guarda con gli occhi dell'imprenditore più che con le lenti della politica sa che lo stesso è accaduto oltre trent'anni fa, quando i cadorini costrinsero i tedeschi e gli americani a chiudere le proprie aziende, perché il prodotto made in Italy era di qualità e molto meno caro. La storia si ripete. E, questa volta, i vincitori saranno sconfitti.

«Perché - dice il senatore di Forza Italia - gli asiatici hanno imparato a produrre gli occhiali. Chi era convinto che quelli prodotti in Cina e negli altri paesi a basso costo di manodopera fossero soltanto pezzi da bancarella è costretto a ricredersi». E così per le aziende dell'occhialeria della nostra provincia lo spettro della chiusura difficilmente potrà essere sconfitto.

Senatore, l'occhialeria bellunese vive la sua crisi più grave?
«Sicuramente. Non c'è dubbio che si tratta di una crisi strutturale ed è già molto positivo per il sistema produttivo bellunese che i grandi reggano, restino cioè ancora competitivi sul mercato, pur con qualche contrazione sui volumi produttivi complessivi e con la necessità di delocalizzare parte delle loro produzioni in estremo oriente, dove i costi sono estremamente più bassi. Il rapporto euro-dollaro ha inoltre penalizzato e sta ancora rallentando il nostro export nel mercato americano. Tutto ciò comporta una contrazione del ricorso ai terzisti e quindi una diffusa difficoltà per le aziende minori che non dispongono di una solida rete di vendita.

Come tentare di rianimare il distretto dell'occhiale?

«Assindustria ha chiesto alle grandi aziende di dare più lavoro alle piccole di casa nostra. Ma la loro risposta è stata ni, che per me equivale a un no».

Si parla spesso di valorizzare il made in Italy per tentare di sconfiggere la concorrenza dell'est

«Anche questa non mi sembra una soluzione al problema. Il made in Italy non conta più come qualche anno fa. Un occhiale si vende se è griffato, non se è prodotto in Italia piuttosto che in Cina».

La politica può fare qualcosa?

«Io dico ai miei amici imprenditori: non aspettatevi granché dal pubblico. E anche quei pochi aiuti economici che potranno arrivare non serviranno a garantire la sopravvivenza delle aziende a lungo termine. Anzi, io dico che i finanziamenti pubblici che arriveranno in Cadore dovranno essere spesi nel rilancio del turismo e non nel prolungare per poco tempo la sopravvivenza di qualche piccola azienda».

Non resta che tentare la via della riconversione produttiva?

«E' sicuramente una strada possibile, ma molto complicata. Io mi sono sempre sforzato di rinnovarmi nel tempo. Quando ho visto un rallentamento nell'edilizia mi sono messo a produrre frigoriferi ed occhiali. Ma attualmente credo sia molto difficile riconvertire. E faccio un esempio. Io ho un magazzino di seimila metri quadrati a Lozza, avrei le risorse, ma in sei anni non ho trovato un prodotto su cui valga la pena investire».

E allora?

«Non resta che incentivare il turismo. Mi rendo conto che uno cha fa occhiali non può inventarsi dal giorno alla notte albergatore. Dovrà essere un passaggio lento ma costante. Gradualmente finirà il terzismo dell'occhiale in Cadore e altrettanto gradualmente dovrà crescere il turismo».

(Fonte: IL Gazzettino - ed. Belluno)

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