Tabacchi: torneremo in Borsa nel 2006
Il rilancio di Safilo, secondo un articolo de Il Sole 24 Ore, passa attraverso il taglio dei costi e la crescita, dollaro permettendo. Anche nel difficile 2003, l'azienda è riuscita a crescere, portando i ricavi oltre i 900 milioni di euro, anche se con un calo di circa il 30% sul margine industriale.
'Realizziamo in dollari circa il 40% del fatturato', ha dichiarato Vittorio Tabacchi, presidente di Safilo. 'Il -19% del dollaro nel 2003 ha inciso per circa il 7% sui ricavi di Safilo. Malgrado tutto, siamo forse l'unica impresa del settore a vantare un fatturato in crescita'.
Per recuperare i margini perduti, Tabacchi illustra l'esistenza di un 'piano industriale articolato, che comprende una riorganizzazione generale: quest'anno è iniziata la riduzione dei costi, che comporta la chiusura dello stabilimento in Austria, con oltre 200 addetti, e un maggior ricorso all'outsourcing'.
Parlando dell'indebitamento e del relativo piano di rientro, Tabacchi spiega: 'Ho un prestito obbligazionario da 300 milioni con scadenza a lungo termine: 2013. Il resto lo ripagherò con i risultati aziendali e probabilmente con il ritorno in borsa, che dovrebbe avvenire, secondo i nostri piani, nel 2006'. E aggiunge: 'Vorrei sottolineare che mi sono indebitato per acquistare un pezzo della Safilo e non altre aziende o degli aerei: quindi, anche se non riuscissi a rientrare del debito con l'attività ordinaria, potrei rivendere un pezzo della società. Non è necessario averne il 100%'.
Interrogato poi sulla strategia di Luxottica e De Rigo, che hanno acquisito catene retail, Tabacchi ha ribadito di non voler intraprendere la stessa strada: 'In America ci sono 20 mila negozi retail, di cui il mio principale concorrente (Luxottica, ndr) ne controlla direttamente circa 3 mila. Insomma, Safilo ne ha disponibili, per differenza, 17 mila. Morale: è più conveniente puntare su una distribuzione allargata piuttosto che su una distribuzione specifica di proprietà'.
'Ci sono certi marchi', conclude Tabacchi, 'come Gucci, Polo Ralph Lauren, Armani e Dior, di cui un negozio americano non può fare a meno. E se evitiamo di coprire tutti i punti vendita americani, ciò dipende da una politica selettiva della distribuzione'.



