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MIDO e VEDERE, mezzo secolo di collaborazione

MIDO e VEDERE, mezzo secolo di collaborazione

Vedere International, la rivista internazionale di ottica e oftalmologia fondata nel 1953 da Claudio Morpurgo, espone a MIDO fin dalla sua prima edizione, nel 1970. Attraverso le parole di Isabella Morpurgo, attualmente alla direzione della testata e Amministratore Unico della casa editrice che la pubblica, Edizioni Ariminum, ripercorriamo i primi cinquant'anni di fiera.

Qual stato il rapporto di Vedere con MIDO?

Nel 1953 mio padre Claudio Morpurgo, spinto dal Cavalier Lucio Lozza, creò la rivista Vedere (che negli anni assumerà anche la connotazione International e sarà affiancata da TECH International, Vedere Italia e AOI - Annuario Ottico Italiano). La nostra partecipazione alla prima edizione di MIDO nel 1970 è stata il naturale continuum della nostra attività. Quando siamo nati, e probabilmente anche durante quella edizione della fiera, eravamo l'unica rivista specializzata nell'ottica e nell'occhialeria almeno a livello europeo.

Ricordo che fin dal 1971 ho partecipato a MIDO, prima, da studentessa, affiancando i collaboratori di mio padre nel nostro stand, poi più operativa nei rapporti con il settore.

Ogni volta che penso a quelle edizioni mi tornano alla mente gli operatori greci che chiedevano a mio padre, che parlava correntemente greco per essere cresciuto a Salonicco, di fare loro da interprete presso le varie aziende. E lui, puntualmente, li affiancava!

Come hai vissuto l'evoluzione di MIDO?

I miei ricordi più vividi risalgono agli anni 8o, quando la moda fece irruzione nel mondo dell'occhiale; le aziende portavano testimonial famosi come la Vanoni, Cabrini... Erano anche gli anni in cui i politici presenziavano all'evento.

Ciò che mi ha sempre colpito di MIDO è stato il suo carattere internazionale: per i corridoi le lingue parlate sono sempre state tante. 

Cosa ti raccontava tuo padre di questi primi anni del settore?

Mi ricordo i suoi giri in Cadore e in Francia, che poi ho ripreso a fare io 30 anni dopo. Era un mondo più piccolo, personalizzato, si instaurava un rapporto di amicizia con le aziende. Non esisteva la mediazione delle agenzie che si occupavano della pianificazione pubblicitaria. Ricordo che mio padre negoziava direttamente con Del Vecchio, Coffen Marcolin...

MIIDO anche era un momento conviviale: un modo per ritrovare gli amici.

Come hai visto la crescita di MIDO?

Il primo passaggio importante è stato il trasferimento dai padiglione di Piazza VI febbraio al Portello che ha permesso di razionalizzare il layout espositivo e si è potuto dividere il salone per tematiche. Il grande salto è stato il trasferimento a Rho.

L'attuale management ha saputo essere visionario: nonostante la crisi che ha colpito i mercati a livello mondiale, MIDO è riuscito a diventare propositivo ed affermarsi come incubatore di novità, come grandissima vetrina oltre a generare business e cultura.

A MIDO ci sono le aziende ”che contano”, ormai è fondamentale esporre a Milano. È la fiera più internazionale al mondo... the place to be! Poi, ovviamente, ogni azienda in base alle sue strategie può decidere di aderire ad altri saloni, ma per avere una visione globale devi essere a MIDO, anche solo per “annusare le tendenze”.

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